Smart Working 2025: guida completa per i consulenti del lavoro
Lo smart working, o lavoro agile, è ormai una modalità consolidata di organizzazione del lavoro in Italia. Nato con la Legge 81/2017, ha conosciuto una forte accelerazione durante la pandemia da Covid-19, quando è stato applicato in forma semplificata ed emergenziale. Negli anni successivi si è trasformato da misura temporanea a strumento strutturale di flessibilità organizzativa, integrando aspetti giuridici, contrattuali, tecnologici e di benessere lavorativo.
L’introduzione dello smart working ha ridefinito profondamente le dinamiche del lavoro subordinato: la prestazione non è più legata a un luogo fisso o a un orario rigido, ma si caratterizza per autonomia e responsabilizzazione del lavoratore. Questo ha posto nuove sfide sia per i datori di lavoro, chiamati a garantire sicurezza, produttività e inclusione, sia per i professionisti che si occupano di diritto del lavoro e relazioni industriali.
A otto anni dall’approvazione della legge, e dopo una fase di sperimentazione massiva, il 2025 rappresenta un anno di svolta. Le semplificazioni straordinarie sono cessate, e il legislatore ha riportato la disciplina nell’alveo ordinario, rafforzando alcuni obblighi e introducendo nuovi adempimenti. Lo smart working è oggi un istituto maturo, che richiede un approccio tecnico e una gestione documentale accurata.
Non si tratta più solo di una misura di conciliazione vita-lavoro. Lo smart working è anche strumento di inclusione sociale, di innovazione organizzativa e di efficienza. La sua diffusione ha modificato le metriche della produttività, orientandole ai risultati e non alla presenza fisica, e ha imposto di ripensare la cultura manageriale in senso fiduciario.
Restano tuttavia questioni aperte e aree di incertezza: i rimborsi spese, la gestione dei lavoratori che operano dall’estero, i limiti al potere di controllo datoriale, il rischio di isolamento e stress. La giurisprudenza e la prassi amministrativa sono in continua evoluzione, e il consulente del lavoro deve aggiornarsi costantemente per garantire alle imprese un supporto tecnico solido e rispettoso della normativa.
Questa guida propone un’analisi completa della disciplina aggiornata al 2025: definizione e fonti normative, accordo individuale, obblighi di comunicazione, priorità di accesso, salute e sicurezza, lavoro dall’estero, differenze con il telelavoro, criticità ancora aperte e prospettive future.
Novità 2025
Il 2025 ha introdotto importanti aggiornamenti che incidono in modo significativo sulla gestione del lavoro agile:
- Comunicazione obbligatoria entro 5 giorni: la Circolare MLPS n. 6/2025 ha precisato che conta la data effettiva di inizio o cessazione, non la data di sottoscrizione dell’accordo.
- Estensione delle priorità: la Legge di Bilancio 2025 ha ampliato le categorie che godono di accesso prioritario, includendo ulteriori tipologie di lavoratori fragili.
- Tutela del benessere psicologico: la Legge 42/2025 e la Circolare n. 12/2025 hanno introdotto linee guida contro isolamento e stress da iperconnessione.
- Lavoro dall’estero: nuove indicazioni dell’Agenzia delle Entrate richiamano la soglia dei 183 giorni come criterio per la residenza fiscale e invitano a regolamentare le conseguenze fiscali e previdenziali negli accordi.
- Sanzioni più rigorose: è stato rafforzato il sistema sanzionatorio per le omissioni nelle comunicazioni, con effetti più incisivi in caso di reiterazione.
Queste novità confermano il passaggio a una disciplina ordinaria e strutturata, dove precisione documentale e aggiornamento continuo diventano condizioni essenziali.
1) Definizione e fonti normative
La cornice normativa è delineata dalla L. 81/2017, artt. 18–23, integrata da successivi decreti e circolari. Lo smart working è definito come una modalità di esecuzione del lavoro subordinato caratterizzata da flessibilità e autonomia, stabilita mediante accordo tra datore e lavoratore. A differenza del telelavoro, non richiede una postazione fissa.
2) L’accordo individuale
L’accordo individuale scritto è obbligatorio e deve contenere:
- Durata e modalità di recesso;
- Orari e diritto alla disconnessione;
- Luoghi consentiti;
- Uso di strumenti tecnologici e modalità di controllo (art. 4 Statuto dei Lavoratori);
- Tutela della salute e sicurezza (art. 2087 c.c.);
- Misure per privacy e protezione dei dati.
L’accordo va conservato per almeno cinque anni ed è documento fondamentale in caso di verifica ispettiva o contenzioso.
3) Comunicazioni obbligatorie
Dal 2025, i datori di lavoro devono comunicare al Ministero l’attivazione, modifica o cessazione dello smart working entro 5 giorni dalla data effettiva. La comunicazione avviene esclusivamente online tramite il portale servizi.lavoro.gov.it.
Le sanzioni per omissioni o ritardi vanno da 100 a 500 € per lavoratore. L’obbligo riguarda sia singoli accordi sia invii massivi.
4) Priorità di accesso
L’art. 18 L. 81/2017, integrato dal DL 105/2022 e dalla Legge di Bilancio 2025, riconosce priorità a:
- Genitori con figli minori di 14 anni;
- Lavoratori disabili;
- Caregiver familiari;
- Lavoratori fragili con patologie certificate.
In caso di diniego, il datore di lavoro deve motivare per iscritto la decisione.
5) Salute e sicurezza
L’art. 2087 c.c. obbliga il datore ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e psicologica del dipendente. Lo smart working non fa eccezione: occorre garantire formazione, informative sui rischi, pause e diritto alla disconnessione. Le ultime disposizioni (L. 42/2025 e Circ. 12/2025) pongono attenzione anche al rischio di isolamento e di stress digitale.
6) Lavoro dall’estero
Lo smart working svolto da altri Paesi solleva questioni fiscali e previdenziali. Il superamento di 183 giorni all’estero comporta potenziali effetti sulla residenza fiscale. Devono essere valutate convenzioni contro le doppie imposizioni e accordi bilaterali previdenziali. È opportuno inserire negli accordi individuali clausole specifiche che disciplinino periodi di lavoro oltre confine.
7) Differenze con il telelavoro
Il telelavoro, regolato dall’accordo interconfederale 2004, richiede postazione fissa e vincoli rigidi. Lo smart working è flessibile, alterna presenza e remoto, e valorizza la prestazione per obiettivi. Confondere i due istituti può generare errori in materia di spese, sicurezza e diritti sindacali.
8) Questioni aperte
- Rimborsi spese per energia, connessione e attrezzature;
- Limiti all’applicazione unilaterale dello smart working da parte del datore;
- Controlli a distanza tramite software e rispetto del GDPR;
- Differenze applicative tra settore pubblico e privato.
9) Prospettive
Lo smart working è un laboratorio di innovazione giuridica e organizzativa. Nei prossimi anni si assisterà a un consolidamento delle prassi aziendali e a un affinamento giurisprudenziale su rimborsi, lavoro dall’estero e benessere organizzativo. Per i consulenti del lavoro, sarà fondamentale mantenere un aggiornamento costante e tradurre le regole in procedure operative.
Conclusioni
Lo smart working nel 2025 non è più un esperimento: è una modalità ordinaria che incrocia diritto, tecnologia e organizzazione. La sua gestione richiede conoscenza delle fonti, cura documentale e attenzione a salute, benessere e inclusione. Le novità normative e la prassi ministeriale hanno reso l’istituto più stabile, ma anche più complesso.
Fonti principali
- Legge 22 maggio 2017, n. 81, artt. 18–23
- Decreto-Legge 105/2022
- Circolare Ministeriale n. 6/2025
- Legge di Bilancio 2025
- Legge 42/2025 e Circolare MLPS n. 12/2025
- Art. 2087 Codice Civile
- Art. 4 Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori)
- Agenzia delle Entrate – Residenza fiscale e lavoro all’estero